Vi sono molti articoli in rete relativamente al rapporto tra salute mentale e imprenditorialità, ad esempio, questo. Le intenzioni delle analisi sono fondamentalmente orientate a dimostrare che alcuni di coloro che hanno avuto maggior successo nella carriera imprenditoriale (soprattutto nell’ambito delle startup tecnologiche) hanno un qualche tipo di neurodiversità e che tale condizione da possibile elemento disfunzionale si trasformi in qualche modo in un vantaggio:
First, some posit that traits associated with mental health conditions (e.g. hyperfocus for ADHD, or attention to detail for Asperger’s) are assets in the startup world.
Secondly, it is also thought that because neurodivergent individuals have more trouble succeeding in conventional frameworks in academia and business, they are more likely to forge their own path by founding companies and pursuing self-employment.
Vi è la tendenza però ad impostare anche un altro punto di vista, meno clamoroso ma più positivo per molti altri aspetti: una sorta di ambiente riabilitativo “naturale” in cui i portatori di neurodiversità trovano la loro collocazione più genuina. Non in funzione di un percorso protetto ma in quanto soggetti comunque funzionali ad un determinato tipo di professione, così come si è.
L’esempio più noto è la sindrome di Asperger. Innovare significa anche procedere per tentativi, fallire, non farsi abbattere e soprattutto resistere alle critiche e alle opinioni contrarie:
The truth is that if you want to start something truly new, you almost by definition have to be unconventional and do something that everyone else thinks is crazy. This is inevitably going to mean you face criticism, even for trying it. In Thiel’s view, because those with Aspergers don’t register that criticism as much, they feel freer to make these attempts.
Non c’è bisogno quindi di “correggere” nulla, ma semplicemente di collocarsi all’interno di un contesto (lavorativo) in cui quello che altrove potrebbe rivelarsi disfunzionale si trasformi in una risorsa efficiente e addirittura portatrice di innovazione.
Non si tratta quindi di una nuova tecnica riabilitativa o che “cura” un qualche aspetto patologico ma di un vero e proprio cambio di paradigma e di orientamento sociale. La cosiddetta “rivoluzione digitale” potrebbe aver aperto la strada anche a questo tipo di cambiamento.